lunedì 12 ottobre 2009

tuffandoci in noi per non riemergere più.

riempiamo di allucinogeni le nostre vene poetiche. per imbucarci di lettere. per tagliare i cordoni ombelicali che ci fanno ingrassare. che ci fanno sollevare come palloncini. bloccati dal tetto. bere l'acqua nei vasi dei fiori. per sostituire gli amori liquidi. per non lasciarci in estate che fa più male. rivediamoci come un'azione in moviola. per capirci meglio. per tracciare linee immaginarie. che forse ero già fuorigioco prima di iniziare a correre. prima di finire a ridere. del suono della mattina che lievemente scala dal lieve nulla allo sforzo del risveglio. guardiamoci allo specchio per abbassare lo sguardo ancora una volta. per deformarsi il profilo, per continuare a fumare che non può farci più male di tutto il resto. parliamo col tuo avatar che almeno capisce. che almeno sortisce effetti evidenti. e risibili. come mettere delle colonne in soggorno e decorarne i pilastri. come non capire l'anacronismo della bella calligrafia. c'è ancora la foresta di sherwood? quando ero stremata avevo chiesto una canzone. che la suonassi alla chitarra. mi sarei addormetata. avevo chiesto una canzone dal ritmo caldo e lento sul quale addormentarmi per trovarla al mio risveglio. mentre scendeva il cuore come un sole al tramonto. che inizia cosi la sera. e dal torace vuoto riecheggia l'eco della danza che ricorda. che ritorna. che non cambia. mentre ci corichiamo su prati asfaltati. e mi ricorda quel messaggio. e mi ricorda quel messaggio. e camminare a piedi scalzi sui prati asfaltati mi ha ricordato quel messaggio. mi ha ricordato quel messaggio di tanto tempo fa.

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