mercoledì 20 febbraio 2008

martedì 5 febbraio 2008

andiamo in altre direzioni dove passano i treni

È vero, ci sono i randagi sulla spiaggia. E guarda quel padre che gioca col figlio tra le braccia. Non hai fatto molti soggiorni all’estero, non hai molti sogni ambizioni buone intenzioni, è che sei sempre stato solo. Ma stasera mi butto con te sull’anestetico. È che sei sempre stato solo. Lo vedi anche tu che c’è la direzione dei treni. E se non hai patente libretto documenti vai bene. Senza me vai bene. Pensare che andavi li a passare le ferie, portando da mangiare. E se notavi qualcosa di strano dicevi andrà bene il mio sogno malato e lo proteggevi. Senza falsi futuri scolpivi nella mia vita una quiete di marmo. E senza falsi futuri vivrai se per sempre sotto i ricordi. Vedrai vedrai. Non è il cielo che va via. Non cacciare dalla spiaggia i nostri randagi. Zitto, che non riesco ancora a parlare di te. Poi dopo qualche tempo in questo ballo di san vito ti rimetterai in cammino e silenzioso entrerai nella casa tutta in ordine. Tra il folklore delle genti che ti lascerai al fianco, in chiese bombardate, in rifugi antiatomici abbandonati, sulle vie che ancora non portano il tuo nome. E tutte le genti che dimenticheranno le tue parole e abbandoniamo l’Egitto con i suoi fili d’ombra. Noi che ci giudicavamo dall’alto dei nostri canoni immaginari. Noi che cucivamo discorsi tristi col filo dei nostri libri sconsacrati. Stanotte e altre notti verranno anche se le tue mille avventure non hanno verità. Bagni di fango, corse mattutine, tutto l’occidente, nomi in codici, la genetica e la gente, il rispetto e l’orgoglio, e non ti costa niente se sei sempre tu tutto il mio dire, tutto il fare. Passami l’anestetico. E non mi dici grazie. E il gatto fa le fusa all’uomo di paglia aspettando che la pioggia smetta goccia a goccia. D’estate il cielo si spoglia. Ritorna il tuo tempo nel tempo. E si addormentano le cose e gli interessi. E se c’è qualcosa è già finita. E non hai mai niente da dire, e scrivi. E ciascuno ha le sue gocce che cadono fragili scavando i ricordi dell’estate. Mentre con gli altri si che lo farei a fare complimenti e dire sempre che mi va di essere normale. Devi fermarti poco prima di sfiorarmi. Sei forte come il mio papà. Vedi che ho la febbre? Ormai parlarmi è inutile. Ho fatto un sogno in cui ho visto le scimmie più verdi del paese vestite da antichi romani. Ho la febbre, parlarmi è ancora inutile. Scrivimi pure il testamento, ma per favore non lasciarmi niente. Dai, scrivilo, che per me il dolore non si sente. Scrivi pure di me, nome cognome indirizzo numero di telefono. Scrivimi pure di me. Scrivimi pure di me. Scrivimi pure di me. Ma fermati prima che i tuoi sbalzi mi intrappolino di nuovo nel circo di fantasie inedite. Non ho nessuna precedente esperienza di lavoro anche se lui veniva qui a trascorrere le ferie, tutto intorno a me. E ti proteggerò da chi vorrà farti del male ma non ci riuscivi. E dopo qualche giorno si rimise in cammino.