lunedì 11 gennaio 2010

alla ricerca di titoli ingiusti

carichiamo cannucce a salve e sputiamo stelle. rovesciamo le nostre esperienza interiori sui bordi dei marciapiedi. e non risolviamo i nostri problemi che escono numeri troppo grandi. amare d'inverno un deserto che non hai ma visto. setacciare il mare e riprenderci i vecchi residui. le scorie del nostro amore. che forse Platone tornerà ad avere ragione. deformiamo i nosti volti felici per essere riconosciuti. facciamo la raccolta differenziata delle nostre colpe. sommiamo le reciproche sottrazioni. ci ritroviamo a scendere scale ciechi e soli. con poeti che non fanno più rime. scrittori che fanno i centralinisti. passati che distruggono tutto come nei sogni di guerra. alla ricerca del buco giusto. e sull'autostrada del sole il cielo è coperto. mutiamo come nuvole appese al vento.

domenica 10 gennaio 2010

quando arruolavamo maghi per illuderci, che noi si era diversi.

cadere come soldati sul fronte. di fronte la speranza di restare uniti e illesi. vivi. come marinai che fanno buchi nell'acqua e marinai che guardano buchi nell'acqua. come satelliti inutili che si piegano alle forze maggiori. alle troppe pressioni. progetti perfetti sfumati. lasciamo il posto a vecchie cartacce. andiamo avanti che non sentiamo più niente. che a capodanno facevamo saltare i tappi dalle orecchie. per farcela ancora. per riuscirci di nuovo. mentre Van Gogh continuava a sentire la pressione del cielo. mentre scoppiano i cuori come mine disinnescate male. e le persone implodono. e le persone muoiono. come dare soddisfazione a un dio redentore. come stringere la mano al colosso di rodi. e vedersi estirpare le proprie illusioni. come amputare i raggi al sole. e leggere shakespeare sulla neve. addormentarsi su una panchina di crotone. guardare un film in terza dimensione. togliere le mosche dai corpi vuoti di vecchie signore malate. seminare alberi enormi in piccoli orti. strafare. in ogni direzione. e mettersi a dormire per non avere più niente da amare.

battiamo le mani ad un giro di poker.

che abitavi sopra di me ogni notte. scavavi miniere di carbone dolce sulle pareti del mio stomaco come ulcere. e chiudiamoci gli occhi a chiave per non perderci di vista. mentre ritroviamo i suoni gli odori i sapori gli umori persi nelle distanze. e coloriamo di verde i pollici dei nullatenenti e mettiamo le tue sciarpe ai colli delle bottiglie. piazze occupate dagli scioperi generali dei disoccupati. cortei funebri mobilitati. cacciamo il vento dai tuoi capelli e i pipistrelli. aggiorniamo il software della nostra relazione. pubblichiamo interventi plastici per sembrare più belli. per sentirci più fermi.

venerdì 8 gennaio 2010

che vivere è più faticoso che morire, dicevi. e prendevi integratori a colazione.

come talpe che scavano il giorno. le tue mani sui miei fianchi. sogni stesi ad asciugre quando fuori manca il sole. come mutande umide dopo due settimane. e dopo aver fatto l'amore pariamo col brutto tempo nel bagagliaio. che lasciamo volare la cenere rimasta dal fuoco di sant'antonio nel tuo petto. calpestiamo letti sfatti e immaginiamo galassie fosforescenti nei cieli abbandonati di campagna. cellulari che sono computer. computer che si ammalano e perdiamo parte di noi. manca già un'estate alla nostra collezione di ricordin affilati come lame. mentre cambi penna e non lo scrivi. come talpe che si perdono nelle notte di mezzogiorno. costruiamo muri di Berlino nei formicai. soffro di ansia da risveglio e paura di cadere. mentre cerchiamo conforto in cuscini sformati. e c'è un tempo per vivere e uno per morire, pensavi. ma i fallimenti durano per sempre.