lunedì 20 ottobre 2008

e con le tue mani calde hai rotto il guscio

la nebbia uccide i colori. questa notte ha freta d'andarsene mentre l'odore di putrido è spazzato via dalla primavera.
l'umidità sala fin qui in cantina. la solita gente del bar, le birre calde, le partite della domenica, i goal della vittoria, le urla di gioia, i pianti a dirotto, il singhiozzo, le gomitate tra la folla, la corsa ai saldi di fine mese, le vetrine in centro, la biblioteca semi vuota, i quadratini del marciapiede, le strisce pedonali, i cartelloni pubblicitari, la voce che sovrasta, i mezzi pubblici sempre in ritardo, i titoli del tg, lo squillo dell'sms, internet che non si connette, il tuo cuore che si ferma e non riparte, il dolore per una distanza, il ripiego della sconfitta, la morte dell'anima, il respiro affannoso, l'amico del cuore, la statua di marmo, la cazzata delle cinque, la più bella del liceo, il mondo che non è come vorresti, i folletti che fanno l'amore sotto un fungo, l'autostrada contro mano, gli occhi di lui che ti ricordano chi sei, parole di fango, lune di gesso, cieli di merda, amori falliti e mai riprovati, un bagno turco, il pubblico, l'audience, la campagna elettorale, la cravatta a pallini, i lifting, il training, il mobing, la letteratura, la ragazza del tuo migliore amico, il "sei carina ma non mi piaci", "è meglio restare amici", non si vive di principi, una botta e via, tutto se ne va ma per fortuna niente è certo.
io ho ollato. ma gli altri come fanno?

martedì 14 ottobre 2008

e se il giallo non esistesse, i cinesi di che colore sarebbero?

le penne gel. i cerotti come ponti levatoi sulle armate nemiche delle nostre parole taciute. file rdinate di ulivi con i rami che tendono verso il basso. che basta il buio e diventano streghe. che basta la nebbia e diventano mostri. che sembra quasi che io sappia scrivere ma la penna è ancora nella tua mano. che nel ritorno di ogni viaggio chiedevi "i cinesi esistono davvero?". che ci tagliavamo con frammenti di ricordi di sogni fatti da svegli. e non c'è più musica nelle parole. che tutto tace ma senza pace. e mi immergo nella pece per farlo meglio questo saggio. che cerchiamo la vetta della montagna sui fondali inquinati. e proviamo a guardare lontano ma ci blocchiamo sempre allo stesso orizzonte.

le tue cure senza cuore

lo diceva anche lui che ha il nome di un fiume, sentirsi soli come un numero primo. che almeno quello è primo e tu sei solo multiplo. sei pari. sei folle. sei una folla, al cinema, al mercato, al teatro. numero emancipato. di certo non razionale. aspettare in stazione che qualcuno ti venga a reclamare. a portare monete nelle nostre tasche vuote. a riempirci la testa di pensieri per farci morire. che solo morendo possiamo scoprirci ancora in vita. ancora per poco. e tuonano le tue parole da padre nelle mie notti pastose. i timpani fabbricano rumori da sentire. le tempie si svestono della tua pressione.
scendiamo fino al cuore. battiti come segnalibri sulle pagine da cancellare. senza epilogo che ci possa far finire. e ritorniamo a sporgerci sul pozzo dei desideri. sulla fontana di Trevi. senza niente da chiedere per risparmiare. che ogni sogno è una moneta e inquiniamo il fondale. e si alza il sipario di rimpianti. e insceniamo i nostri cuori distorti dietro le quinte di questi anni. ma ora basta pensarci, meglio studiare. mi senti?