sabato 28 febbraio 2009

era una bella sconfitta non avere battiti per amare abbastanza.

che eravamo senza fili come le connessioni. a cercare i buchi giusti. a respingerci perchè fa male. mentre il polacco in bianco nero accosta le immagini dei mattatoi. mentre le zebre si vestono come i condannati a morte. scaricare musica alla prime luci dell'alba. intoniamo tutte le bestemmie ai santi. lotte clandestine di parole negli scantinati bui. scommesse perse senza far nascere nuove speranze. e scrivi ancora nel deserto alla luce di un neon. che era bello fracassarsi il cranio scivolando sui pavimenti liquidi. le coperte come scacchiere. corriamo nei pronto soccorsi di provincia. aspettando le luci dell'alba. aspettando le luci dell'alba.

e ci piscino pure addosso gli angeli

ed impediamo alle luci di raggiungerci. alle stelle di canzonarci dai lucernai estroversi.
linee gotiche tra la terra e il cielo. linee gotiche tra la terra e il cielo.
puliamo l'asfalto dalle ombre dei passanti alle fermate.
puliamo l'asfalto dalle ombre dei passanti alle fermate.
e sole d'agosto che asciuga lacrime di salici piangenti
e i bonsai guardano la loro ombra e si convincono di essere quercie
riesumiamo il nostro amore in necrosi con i gessetti colorati
come fosse figlio dei nostri tempi come se non capisse un cazzo
linee gotiche sul tuo viso neutro che sembra dire non capisco ma
io mi impegno comunque. che io mi impegno comunque.
linee gotiche sul tuo viso neutro scolpito a mano dai carcerati
linee gotiche sul tuo viso parallelo

giovedì 19 febbraio 2009

frantumare cieli dal vertice delle piramidi

Camminiamo e non abbiamo linee rette da seguire. O da evitare. Come polvere mossa dal vento. Come acqua mossa dal vento. Come angeli mossi dal vento. Come il vento che muove tutto e tutto ci sfiora mentre restiamo immobili. Ancorati. Dopo aver visto terra e aver urlato “l’America”. dopo i dodici rintocchi assordanti. Dopo aver immaginato cavalli alati saltare giù dalle finestre e altalene magiche. E pensare ai trapianti di cuore. Che sanguinano storie mancate. Che piangono su immagini sbiadite. Senza orti da coltivare. Senza frutta di stagione. Stetoscopi che intonano la vita. E crearci sopra una danza tribale. ma è solo un cuore. come passare una sera nell’Africa nera. È solo battito. Di mani, d’ali, di pioggia, di cuore. Tremito. Stetoscopi che suonano la vita come un canto popolare. Che avrei voluto fare grandi cose. Che avrei voluto fare la rivoluzione. Stetoscopi che continuano a cantare la vita. ascoltare nell’attesa di morire. Che anche la morte ha il suo canto dolce. ma continui a sentire il male. Ma continui a sentire il mare. a fare la corte alla luna. A bruciare fuochi nei suoi occhi. A cercare la morte su una cartina, ignorando i consigli del navigatore satellitare.

martedì 10 febbraio 2009

è tutto inutile, e neanche troppo innocuo.

E rompere le nostre campane di vetro nel deserto omerico. Salici piangenti imprigionati dal ghiaccio nel vento artico. Stelle ferme da millenni a illuminare spazi inutili. Con te o senza te. Con te o senza te. L’amore, gli imperatori, i cori, le scatole chiuse, le discese ripide, la cima degli abeti, le manovelle delle radio degli anni Ottanta. Gli anni Ottanta. gli adesivi sui frigoriferi. Scegliere le mattonelle una ad una. Fare attenzione alle linee di fuga. E sentirsi come in una macelleria. Ventilando l’aria per non sentirsi. Ventilando l’aria per non abituarsi. E restare ore ed ore osservando il mare. seduto sul fondale. Che ti sovrasta come cielo. che ti schiaccia e ti accartoccia. E gemo al solo pensiero di vederti scadere nella vendemmia del vino. Che è sangue amaro. Senza freno. Come togliere la morte dal taschino e lasciarla parlare, ma per poco. Come aprire gli occhi al buio e lasciarsi toccare. L’aria che ti si presenta. Venirci incontro e salutarsi a stento. Come uno scontro frontale poco dopo il tramonto.