Camminiamo e non abbiamo linee rette da seguire. O da evitare. Come polvere mossa dal vento. Come acqua mossa dal vento. Come angeli mossi dal vento. Come il vento che muove tutto e tutto ci sfiora mentre restiamo immobili. Ancorati. Dopo aver visto terra e aver urlato “l’America”. dopo i dodici rintocchi assordanti. Dopo aver immaginato cavalli alati saltare giù dalle finestre e altalene magiche. E pensare ai trapianti di cuore. Che sanguinano storie mancate. Che piangono su immagini sbiadite. Senza orti da coltivare. Senza frutta di stagione. Stetoscopi che intonano la vita. E crearci sopra una danza tribale. ma è solo un cuore. come passare una sera nell’Africa nera. È solo battito. Di mani, d’ali, di pioggia, di cuore. Tremito. Stetoscopi che suonano la vita come un canto popolare. Che avrei voluto fare grandi cose. Che avrei voluto fare la rivoluzione. Stetoscopi che continuano a cantare la vita. ascoltare nell’attesa di morire. Che anche la morte ha il suo canto dolce. ma continui a sentire il male. Ma continui a sentire il mare. a fare la corte alla luna. A bruciare fuochi nei suoi occhi. A cercare la morte su una cartina, ignorando i consigli del navigatore satellitare.
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