venerdì 20 novembre 2009

che prima non lo scrivevi più.

e organizzavi collette alimentare per nutrire le mie paure. che ci reifugiavamo all'ultimo piano per fare l'amore senza amore. mentre il mare s'alzava e non mi hai mai guardato. che le tue sigarette continuavano a gareggiare con i fiumi. le tracce registrate male e i matrimoni boicottati e le cene orientali le puttane nelle grandi capitali europee dei tuoi viaggi interstellari. e il mio cane perde, dicevi. e l'idraulico non lo chiamavi e i lavori persi i forni incendiati le macchine senza futuro. mentrew volevi rialzare i capelli caduti. e scegliamo i libri giusti prima di natale. che poi è tardi per morire. che poi è facile lasciarsi guarire. dopo aver pianto senza piangere. ridere senza ridere. soffrire senza amore. andare in america a cercare il sole. e diamo ai nostri figli i nomi dei paesi comunisti. che volevamo congelare cuori i inverno. mentre vivevamo di scoperte. collezionisti di giovani musicisti indipendenti. cacciatori di testi surreali. cacciando spazio alle nostre ali. conservandole sotto kilometri di rabbia. quando mi raccontavi storie di spiaggie setacciate. mentre correvamo sulle corde delle tue chitarre. addormentiamo i barboni con le storie delle nostre vite interiori.

intermezzo patetico.

seguiamo le nuvole ringonfie di speranze e pioggia a catinella. le tue teorie come analgesico per la mia anima malata. quando qualcosa finisce dove è inizata? e bruciavano i contorni dei nostri lividi indelebili. con gli scheletri nella doccia. provare a cantare in inglese.

venerdì 30 ottobre 2009

incongruente dal '93.

aspettando una canzone che ricostruisca il muro del suono. che il tuo singhiozzo ha spento. che scoppia il cuore amato male. raccogliendo fiori senza colori. al bordo di una strada che ci lascia a piedi. e devo ricaricare il mio malumore per chiedere in prestito la tua attenzione. prendiamo freddo dal droghiere e scriviamo il mondo prima che si scioglie. stringimi forte che voglio soffocare. guardare una foto satellitare di noi due al mare. che restavamo immersi come se l'amore potesse resistere a tutto. come se l'acqua non si infiltrasse in ogni emozione. che combattevamo le nostre battaglie negli angoli umidi delle cucine. mentre solo la polvere si alzava al nostro passaggio.

sabato 17 ottobre 2009

l'odore della fine.

è l'odore della fine a farci innamorare. delle carezze della luna tra i comignoli dei paesi di montagna. che scoccano le ore e ci fanno innamorare. di persone depresse. di persone represse. di improbabili mutamenti e riviste decadenti. sulle buone maniere e gli accordi sbagliati. gli accordi mancati. gli accordi stonati. e nascondere i tuoi mostri nelle cicatrici. fare fuoco nei parcheggi dei discount fasulli. perdere una mano a poker per colpa dei rimpianti. che saliamo questi irti colli mentre le nebbie aspettano di calarsi nella valle per bagnare d'aria il mare. e soffro l'ansia da prestazione per un blog in erezione.

lunedì 12 ottobre 2009

tuffandoci in noi per non riemergere più.

riempiamo di allucinogeni le nostre vene poetiche. per imbucarci di lettere. per tagliare i cordoni ombelicali che ci fanno ingrassare. che ci fanno sollevare come palloncini. bloccati dal tetto. bere l'acqua nei vasi dei fiori. per sostituire gli amori liquidi. per non lasciarci in estate che fa più male. rivediamoci come un'azione in moviola. per capirci meglio. per tracciare linee immaginarie. che forse ero già fuorigioco prima di iniziare a correre. prima di finire a ridere. del suono della mattina che lievemente scala dal lieve nulla allo sforzo del risveglio. guardiamoci allo specchio per abbassare lo sguardo ancora una volta. per deformarsi il profilo, per continuare a fumare che non può farci più male di tutto il resto. parliamo col tuo avatar che almeno capisce. che almeno sortisce effetti evidenti. e risibili. come mettere delle colonne in soggorno e decorarne i pilastri. come non capire l'anacronismo della bella calligrafia. c'è ancora la foresta di sherwood? quando ero stremata avevo chiesto una canzone. che la suonassi alla chitarra. mi sarei addormetata. avevo chiesto una canzone dal ritmo caldo e lento sul quale addormentarmi per trovarla al mio risveglio. mentre scendeva il cuore come un sole al tramonto. che inizia cosi la sera. e dal torace vuoto riecheggia l'eco della danza che ricorda. che ritorna. che non cambia. mentre ci corichiamo su prati asfaltati. e mi ricorda quel messaggio. e mi ricorda quel messaggio. e camminare a piedi scalzi sui prati asfaltati mi ha ricordato quel messaggio. mi ha ricordato quel messaggio di tanto tempo fa.

domenica 11 ottobre 2009

mi hai chiamato tu.

sradichiamo piante per travasarle. per farle crescere. che la terra invecchia e il cielo si chiude. coperto da chissà cosa. inchiodiamo cristi sulle nostre croci di legno senza risentimento. schiacciati come tasti su un pianoforte dalla voglia di esprimersi. stazioni senza treni scandiscono i tempi persi nel tentativo di deridermi. svegliarsi dopo un suicidio tentato e fallito. mentre corri ancora verso un sogno lasciato sul muro. lanciamoci addosso le matite e voliamo in Argentina che il mondo si spezza. paghiamo i bambini per farci sorridere. mentre l'autunno muore di caldo. mentre le case si abbandonano alla forza di gravità e ci troviamo a dormire sotto mille macerie. che avevamo chiesto alla polvere di aiutarci a smettere di fumare. mentre registri l'ultima nota d'amore e d'altre guerre. aggiriamo metamorfosi come ostacoli. portiamo fiori finti su tombe radiottive. e chiudiamo le tende che la luce attraversa i vetri. che scivolano le nuove composizioni. che i telefoni ci salvano dall'oblio della memoria. ed è la cosa giusta da dire se non hai niente da fare.

venerdì 2 ottobre 2009

per toglierci l'ultima nuova vita.

dammi un sogno che non sia il mio. in un risveglio senza tempo in cui suona solo il vento. scivolando nei campi di grano. cadendo dalle nuvole chissà dove. mentre liberiamo il tempo per costruirci intorno fortezze private pronte a crollare. pronte a cadere. ponti sospesi su sabbie dorate su cime innevate su ritagli di tempo perduti. Arrestare il passato errante. cadere e cedere alla pressione del mare. sotto un cielo da bere sopra un mondo sereno. troviamo la verità negli slogan pubblicitari e ricicliamo i cuori atrofizzati per farci maglioni. coloriamo i sogni premonitori e diamo un senso ai sentieri di montagna. apriamo gli occhi sul buio e commentiamo il mare. che non c'è tempo per fermarsi a pensare. che non c'è verso di razionalizzare il canto. che qual è l'utilità del bene? che basta spegnere candele per accellerare il vento. per morire di poco tempo. come unica colpa l'inesorabile abbreviarsi. nei tumulti del mondo che prende vita sottoterra. come seppellire un morto apparente. come suonare sassofoni alla finestra che forse qualcuno ti sente. come rialzare le stelle cadenti. curare la bestia morente. che basta a congelare il segreto delle cose nascoste. delle pose artefatte. delle strade maestre. e andiamo fuori dal mondo che si sta bene. e andiamo fuori dal mondo che si dorme bene. sfrattiamo quadri dai loro chiodi per camminare sui prati. che non c'è una storia per i violini elettrici i binocoli magici la ventilazione dei forni. mentre rifacciamo i letti di una casa farmaceutica. e questa notte è l'ultima. sotto vento passano le nuvole a profumare il mondo di pioggia. come traccie lasciate per l'ultima volta dietro la linea scura dell'incanto. è primavera questa notte, e le onde corte infrangono le lontananze.

sabato 19 settembre 2009

"in fondo cosa c'è di strano se il mio amore è diventato [...] solo un cambio di stagione (in fondo...)"

intrecciando le mani, i piedi, i sogni, i destini. camminare per mano di fronte un passato melmoso. rendere fertili i terreni per non farci graffiare. scoppiare a ridere per gonfiarci ancora di progetti lontani. con i sogni nei cassetti e le mutande in tasca. scoprire i versi degli animali e farli nostri. per dire tutto quello che è possibile. per dirlo in ogni modo. prima di cominciare a parlare. che non c'è un termine per Sisifo. e non puoi fare tardi con la fine. l'utilità di morire senza dover ricordare. il limite del mondo in un singhiozzo. e funerali civili per le croci e le storie infinite di fantascientifici amici pelosi. e gli uomini dalle ombre più precise si perdono negli universi dei fumetti. e i gradini che ricordano quel pudico sfiorarsi come venti che si intersecano come piani ontologici sfalsati. e i sussurri le prime parole le mattine e fai finta di dormire che ti accarezzo meglio e fai finta di svegliarti che non serve esser sempre perfetti. piccoli inciampi da trasformare in danze tribali. e doversi sentir dire che niente ci potrà toccare per potersi addormentare. producendo cose sacre. inauguriamo il nostro sacrificio con gli operai specializzati. per assumere tutti. e piangere sui contributi versati. è quel che accade - " ma tu puoi startene tranquilla amore mio. Che sei una stronza no, non me lo scordo. "

giovedì 17 settembre 2009

sotto un cielo che resta a guardare

e fumiamo insieme in mezzo all'orizzonte. e l'oceano fa da posacenere. e ancora non ci basta. che fumiamo di più. che fumiamo meglio. nell'acqua fredda di un agosto gelido. acqua che diventa cielo di settembre. perchè tanto si trema comunque. e andiamo via da questi parcheggi deserti. dalle barche incustodite. dalle onde ribassate. dagli scioperi generali e dai cani abituati male. laceriamoci i gomiti sulle mura antiche della tua città natale. mentre il cielo ci resta a guardare. che sfogliavamo i link di tuo interesse per annoiarci. e ci lancino pure addosso i fulmini. e facciamo pure a pugni contro gli argini. mentre il mare si rimbocca le maniche e il cielo ci mostra le vene.

giovedì 27 agosto 2009

niente più preghiere.niente più cielo blu

mentre segui il ritmo inglese niente più cielo blu. niente più. aver toccato con mano le mani di chi teneva alto il cielo. ad avere, ad avercela la coscienza oltre l'arroganza, oltre le linee gotiche della salvezza. passarci sopra come aratri. aver coperto i buchi della luce con nuvole vuote. avere, averti ancora tra le mani. come fossi tutto ciò che un grido sa toccare. l'ossessione e la sete sulla sabbia che cancella i resti di un amore fancese. come trovarsi clandestini nel nulla. a chi dirai niente? ceux qui disent maintenant que tu m'aimes? Je vous en prie, dis-moi que tu m'aimes. meme si ce n'est pas vrai.

mercoledì 12 agosto 2009

mentre ci rigiriamo come cucchiaini in caffè amari.

cadere. come un'estate lasciata andare. come un amore andato a male. trasudare dai vetri rotti delle finestre. giocare a fare i grandi umanizzando i pilastri. dare la vita ai sogni per svegliarsi esanimi. e non chiedersi chi aprirà la porta questa volta. che tanto non cambia. che tanto non conta. ritiriamoci presto nei nostri castelli di sabbia. avanzare affiancandoci. combattere le onde coi mestoli. intonare canzoni demenziali sui tramonti spettacolari. e prepariamo gli zaini per le nostre gite irreali. come se l'estate non fosse finita da mesi. come se avessimo ancora di che parlare. mentre leggi la ninnananna di Palaniuk sotto il sole. senza protezione che possa reggere la foga di chi azzarda un sorpasso in strada. mentre la mattina ti fa sempre mancare qualcosa.

giovedì 6 agosto 2009

e non sudiamo abbastanza.

cercare di raschiare i fondali. come se avessimo abortito l'inverno. come sentire la terra da una conchiglia. e toccare il profumo che emani. mentre camminiamo verso il lontano. con l'erba che cresce per strada. col mare che copre una terra che trema. e usare le gazze ladre come metal detector. e cercare un senso tra le rughe dei racconti di nonni. che lasciano parlare la guerra. tra i singhiozzi degli indigenti. e le denuncie dei giornali marxisti. e le poesie dei blog fatiscenti. e sale sale sale sale tra cieli blu quel canto che tra un istante ti porta già lontano da me.

martedì 28 luglio 2009

il mio blog non si capacita

buchi neri oltremare. prepariamoci la testa per il giorno dopo. buchiamo un blog lasciamolo cadere. come pioggia tra i capelli. come fari sull'asfalto. come avere qualcosa da dire e continuare a tacere. come avere qualcosa da dire e far finta di suonare.

sabato 27 giugno 2009

intravediamo l'amore nei quadri cubisti.

e aspettiamo i fuochi. e cancellami il futuro. e cancellami dal futuro. e mi scoccio a parlare. e rifugi antiatomici per non lasciarci lividi. e rifugi antiatomici per non sentire i brividi. mentre cerchiamo un cielo che ora è nero. e andiamo in svizzera a vedere i cani i sentieri alpini i riflessi delle tende sui pavimenti la polvere le porte comunicanti gli acari che si addormentano con noi su divani elettrici. mentre la maloinconia dei quadri rossi fertilizza gli attici. e prenotiamo i biglietti per i nostri aerei di carta. e conserviamoci l'amore nelle bottiglie di birra scaduta. che costruivamo soffitti ma ci mancavano i pavimenti. amori liquidi nutriti dai nostri pianti dirottati. amori liquidi corretti. amori liquidi ristretti ed evaporati.

giovedì 30 aprile 2009

come se bastasse paragonare tutto

nei tuoi occhi come mondi. come gettarsi in mare dopo la guerra. come l'acqua che entra nelle ferite. lasciamo raffreddare i corpi. lasciamo imputridire i passati. lasciamo che ci lascino da soli gli elettrodomestici. fare finta di trovarsi. riconoscersi dai cappelli. portare il fumo nelle gite scolastiche. e lasciarsi intenerire dai residenti. lasciarsi fregare dai commercianti. lasciare lasciarmi. davanti la televisione. a drogarmi di pubblicità. a selezionare i pensieri da gettare dai cavalcavia. nella vita dei passanti. nelle teste dei presenti. un sovraccaricamento emotivo che non lascia speranze. contare i decessi. e facciamo l'autopsia ai nostri risvegli. a facciamo il nodo ai nostri lacci. e facciamo passare le notti senza vento. e ci vorrebbe un finale che bastasse.

domenica 26 aprile 2009

i tuoi passi come spari, il mio cuore sulla neve.

che ci siamo andati in crociera sull'Acheronte. dove volano i soldati e traspare nella nebbia l'odore del sangue rappreso. mandare regali scelti a cazzo tra mille cose che potevano non servire. che potevano non sparire. dipengere i muri di bianco per scriverci meglio. e salviamo i tuoi messaggi brutti che sono carini. e aspettiamo i tuoi momenti brutti che sono vicini. e muoverci in cucina come pezzi su una scacchiera. e amarci col bluetooth. che si risparmia. che è all'avanguardia.
e tagliarsi le vene con la punta delle stelle cadute per caso dal cielo vestito di nero.
le istruzioni per abbracciarsi e sciogliere le nuvole e schiantarsi sull'orizzonte per l'alta velocità. e per ammazzare il tempo abbiamo provato a vivere. e per ammazzare il tempo ci ritroviamo a vivere. e inventiamo letti matrimoniali per sentirci meno soli e ristrutturiamo armadi per nascondere meglio i vecchi scheletri. e crollano i soffitti e crollano i cieli mentre mi addormento con un film blu. mentre usciamo ubriachi dalle strade deserte, dalle case chiuse dai vicoli ciechi.

sabato 28 febbraio 2009

era una bella sconfitta non avere battiti per amare abbastanza.

che eravamo senza fili come le connessioni. a cercare i buchi giusti. a respingerci perchè fa male. mentre il polacco in bianco nero accosta le immagini dei mattatoi. mentre le zebre si vestono come i condannati a morte. scaricare musica alla prime luci dell'alba. intoniamo tutte le bestemmie ai santi. lotte clandestine di parole negli scantinati bui. scommesse perse senza far nascere nuove speranze. e scrivi ancora nel deserto alla luce di un neon. che era bello fracassarsi il cranio scivolando sui pavimenti liquidi. le coperte come scacchiere. corriamo nei pronto soccorsi di provincia. aspettando le luci dell'alba. aspettando le luci dell'alba.

e ci piscino pure addosso gli angeli

ed impediamo alle luci di raggiungerci. alle stelle di canzonarci dai lucernai estroversi.
linee gotiche tra la terra e il cielo. linee gotiche tra la terra e il cielo.
puliamo l'asfalto dalle ombre dei passanti alle fermate.
puliamo l'asfalto dalle ombre dei passanti alle fermate.
e sole d'agosto che asciuga lacrime di salici piangenti
e i bonsai guardano la loro ombra e si convincono di essere quercie
riesumiamo il nostro amore in necrosi con i gessetti colorati
come fosse figlio dei nostri tempi come se non capisse un cazzo
linee gotiche sul tuo viso neutro che sembra dire non capisco ma
io mi impegno comunque. che io mi impegno comunque.
linee gotiche sul tuo viso neutro scolpito a mano dai carcerati
linee gotiche sul tuo viso parallelo

giovedì 19 febbraio 2009

frantumare cieli dal vertice delle piramidi

Camminiamo e non abbiamo linee rette da seguire. O da evitare. Come polvere mossa dal vento. Come acqua mossa dal vento. Come angeli mossi dal vento. Come il vento che muove tutto e tutto ci sfiora mentre restiamo immobili. Ancorati. Dopo aver visto terra e aver urlato “l’America”. dopo i dodici rintocchi assordanti. Dopo aver immaginato cavalli alati saltare giù dalle finestre e altalene magiche. E pensare ai trapianti di cuore. Che sanguinano storie mancate. Che piangono su immagini sbiadite. Senza orti da coltivare. Senza frutta di stagione. Stetoscopi che intonano la vita. E crearci sopra una danza tribale. ma è solo un cuore. come passare una sera nell’Africa nera. È solo battito. Di mani, d’ali, di pioggia, di cuore. Tremito. Stetoscopi che suonano la vita come un canto popolare. Che avrei voluto fare grandi cose. Che avrei voluto fare la rivoluzione. Stetoscopi che continuano a cantare la vita. ascoltare nell’attesa di morire. Che anche la morte ha il suo canto dolce. ma continui a sentire il male. Ma continui a sentire il mare. a fare la corte alla luna. A bruciare fuochi nei suoi occhi. A cercare la morte su una cartina, ignorando i consigli del navigatore satellitare.

martedì 10 febbraio 2009

è tutto inutile, e neanche troppo innocuo.

E rompere le nostre campane di vetro nel deserto omerico. Salici piangenti imprigionati dal ghiaccio nel vento artico. Stelle ferme da millenni a illuminare spazi inutili. Con te o senza te. Con te o senza te. L’amore, gli imperatori, i cori, le scatole chiuse, le discese ripide, la cima degli abeti, le manovelle delle radio degli anni Ottanta. Gli anni Ottanta. gli adesivi sui frigoriferi. Scegliere le mattonelle una ad una. Fare attenzione alle linee di fuga. E sentirsi come in una macelleria. Ventilando l’aria per non sentirsi. Ventilando l’aria per non abituarsi. E restare ore ed ore osservando il mare. seduto sul fondale. Che ti sovrasta come cielo. che ti schiaccia e ti accartoccia. E gemo al solo pensiero di vederti scadere nella vendemmia del vino. Che è sangue amaro. Senza freno. Come togliere la morte dal taschino e lasciarla parlare, ma per poco. Come aprire gli occhi al buio e lasciarsi toccare. L’aria che ti si presenta. Venirci incontro e salutarsi a stento. Come uno scontro frontale poco dopo il tramonto.