martedì 25 novembre 2008

indosseremo magliette verdi agli anniversari dei tuoi amici morti.

Gli scozzesi suonano sulla collina ancora verde. Noi ci corteggiamo all’ombra del vento caldo. Come fossimo mantidi religiose nella stagione degli amori. E ogni tanto tornano alla mente racconti di un turista italiano sulla nona strada. La strada, le vetrine, le ragazze in vetrina. Mi piacevano, dicevi. Ci sarei stato, dicevi. Io già ti smontavo pezzo per pezzo. L’illusione di ricostruirti, smantellata anche quella. Senza piani regolatori per la tua personalità pandemica. E condivido con i girasoli il piegarsi allo scorrere di chi non potrà mai esserti vicino. Ma non è la lingua giusta, quella che parliamo. Che non capiamo i significati che diamo. Che non capiamo quanto è grande una piscina per chi ha paura di annegare. Acqua gelata. Il Canada d’estate. Reimmergersi nella neve di quei quadri. E guardarsi intorno e vedere dappertutto un po’ d’autunno. Odori e sapori di stagioni non ancora arrivate. Mangiare l’aria per sentirti parte di qualcosa. Per sentirti più piccolo. E rompere bicchieri. E creare arcobaleni fatti in casa. Ed entrare nei tuoi incubi per salvarti dai mostri mangiacarne. Ed essere l’eroe dei tuoi risvegli. E poi immaginare di raccogliere il filo dei tuoi pensieri in una unica matassa. E poi scrivere e scrivere e scrivere per giorni mesi anni. Senza agenti esterni che distraggano me dal tuo filo che attraversa tutto. Che seguirlo è un buon modo per perdersi meglio tra l’estraneità delle tue radici. E inventare nuovi alfabeti per doppiare il tempo. E continuare a scrivere e correre e scrivere e correre e scrivere e correre. E seguire il filo dei tuoi pensieri. Prendendo appunti sull’asfalto. E vedere il gesso finire e avere ancora cose da dire.

domenica 16 novembre 2008

e ti piacevo ad interessi zero.

e arcobaleni a punta che disegnano vulcani spenti.
fare girotondi aperti su isole dai confini incerti.
e nascondere le tue inversioni di marcia sotto il tappeto dei miei rimpianti contro producenti.
mentre contavo i bottoni sulle giacche dei circensi arroccati fuori centri sociali inesistenti.
e pagami gli alimenti
tu che hai preferito la stabilità al mio cuore cocopro.
amori precari già licenziati.
senza casa ne causa.
stiamo ancora pagando il mutuo per la banalità.