martedì 28 giugno 2011

lasciando il cuore sul comodino torno al solito lavoro.

tornano i fantasmi in tv. che ci facevano paura. e non dormivamo più. sui letti giapponesi. che avevamo scavato la terra per metterli meglio. per guadagnare spazio e spenderlo in birre. e i monaci pregavano per noi, per farci tornare l'amore delle superfici. per le nostre vite infelici. che giocavamo a spaventare i mostri sulle scale dei condomini. gettavamo piatti nelle strade nelle vie dove le api pungevano a tutte le ore. dove si vedeva il dolore delle amarene al mercato delle fiere e si beveva il sangue delle mattine estive.
non potevamo sognare se non vivevamo. non potevamo arrenderci se non partecipavamo.
che mi dicevi di seppellire gli zombie ancora vivi, e poi ti riaddormentavi. coi capelli ancora bagnati di pioggia in mezzo alle strade gridavo in coro contro il governo e non lo volevi. piantare ulivi in collina ci avrebbe allontanati. vecchie storie scadute tornano a pretendere le nostre vite. per rovinarci di nuovo le scarpe nuove con la polvere dei terreni sterrati. con le feste di paese e le sagre le case i maghi futuri vissuti solo sulla bocca della zingara della domenica sera. non c'erano commedie a rapirci l'attenzione. non c'erano spazi per colorarci.
chi ci ruberò domani? chi scivolerà via i nostri dolori i nostri tumori le nostre paure sradicate dalla monotonia dai grigi delle scale dai sogni finiti male dalle notti passate a non dormire.
e studiavo come poterti colpire. come non farti morire. dove lasciarti pregare il mio nome. volevo una musa da guardare marcire.
che era bello infrangere i tetti cadendo dall'alto.

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