mercoledì 16 febbraio 2011

che mi toglievi il cuore dagli occhi

chiudere gli occhi controvento. cosa potevi mai volere sedendoti sul marmo. non c'era nulla da sfatare in alto mare. col nostre barche senza vele a spingerle per farle andare. e inventavamo il francese. che faceva troppo caldo per tutto il resto. troppo freddo per poco altro. elenchi di cose in fondo e in superficie. che tutto si riempiva d'acqua e avevo paura. come affondare una religione nuova. come conoscere gente buona. che c'era comunque qualcosa che batteva. mentre il tuo sguardo si muoveva veloce come la luce. le parole emigravano da altre parole. e senza discorsi potevamo solo dormire. lontani due emisferi. lasciandoci su facebook come le coppie normali. e maturava il grano in campi che non riuscivo a vedere. e me lo narravi. di cosa possano pensare le spighe del sole. e il rispetto per le esigenza dell'uva. contadini senza mani che si muovevano di corsa in storie neanche troppo lunghe. e c'erano case bianche e colonne e cancelli aperti con vecchi furgoni laghi vagoni ladri maggioni e sorrisi che portavano frutta da regalare e saluti a casa famiglia parenti serpenti a cui bisogna prestare attenzione. come ai parcheggi in seconda fila. e la calma del mare d'autunno. il vento che rompe il mondo. camminare vestiti d'inverno sui nostri ricordi abbronzati e già sbiaditi. imparare le regole di giochi a cui non giocherai e mangiare prima di indietreggiare. prima di ingrassare. cercando la frutta di stagione. e non c'era spazio per farsi posto. solo un miraggio del tuo ricordo distrutto dalla sete dell'inverno.

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