sabato 19 aprile 2008

che l'Italia sembra ancora più stretta.

Ricordo ancora i sogni di mio padre. Che io li avevo scartati. Che lui li ha ustionati. Di abitudini. Di passati. Di “concetrati su quello che fai e fallo bene”. Che tu ancora non ci sei. E guardo le stagioni che lasciano i tuoi discorsi inermi. ora che in quei tuoi silenzi di velluto non vedo più colori. Ora che ti ho visto, che sei viva, e torno vivo anch’io. I pomeriggi passati a chiederci in quale fase lunare eravamo. Il tempo di un momento, e sui tuoi sensi ci ricamo. Che l’hai messo a dieta il mio cuore. E ora amo poco. Ora amo meno. Che si può amare anche peggio di cosi, ma sto dando il massimo. Che non volevi essere uno sconfitto ma solo un sognatore. Che sei un amen sussurrato. Un animale morente. E mi estirpo il dente del giudizio e il mio ego del cazzo. Che in quello stato non ci torno. Che per te non mi accontento. Che nelle ombre ritrovo la nebbia e mi condiziono. Che la faccio la mia marcia trionfale su Roma anche se ho perso. Anche se non c’è verso da farti cambiare. Mentre scopro che eri solo una canzone cantata a squarciagola nel nostro piccolo teatro degli errori.

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