giovedì 24 luglio 2008

e portiamoci dietro la corrente

Che non mi interessava sopprimere il mare ma descrivere un’onda. E amplifichiamo lo sguardo per vedere quanto buio c’è intorno. Che smantellavamo i vecchi alfabeti nel narrarci i nostri incubi. E sforavamo gli orari per osservare i quadranti. Che la vita o si vive o si scrive. E tu non scrivi più. Che non sai come si fa, dici. Che sono vecchio ormai, dici. Ma un poeta non può che avere 21 anni per sempre. E noi avevamo il nostro futuro di troppo. Che non ci è stato condonato. Che ci ha condannato. E ci hanno vendemmiato. Calpestate le nostre vite per imbottigliare ricordi. Che saranno aceto su vecchie ferite. Come quando la tua ombra si allungava nel cuore di quella notte che cuore non aveva. E sventoliamo come bandiere bianche nel freddo artico. Nel vento che sfugge punge trascorre trafigge. Che cosi ci mimetizziamo bene. Che cosi è più facile non vedersi. Che nel freddo anestetico non si sente più niente. Non si muove più niente. Altalene vuote e intorpidite che ci ringhiano. E se mi guardi non ti ricordi del lombrico che ci parlava. Del cavallo che volava. E tiriamo il freno a mano per l’abbassamento del cielo. Cosi ci inventiamo un soppalco e poi lo tocchiamo. Come una casetta sul cielo. E diamo una forma alle stelle. Cosi lo sguardo buca l’atmosfera. Come ozono. Come se bastasse l’effetto serra per farci fiorire. Dipingere i tuoi paesaggi sulle mensole piene di polvere. E lasciare le vecchie promesse ghiacciare tra le rate del frigorifero.

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