venerdì 11 gennaio 2008

il mio embrione di felicità annegato nel tuo liquido amniotico

gli elastici dei calzini e le tue piccole grida isteriche. sei quel livido che appare sull'avanbraccio in un giorno qualunque. senza urti, senza dolore, senza passato. mastico i chew-gum del discount mentre le autogrill sfornano caffè in continuazione. ti ho ridotto a relitto e riportato alla luce. e sei più importante di prima. ora che non sei niente, ora che sei vecchia, ora che non ha più nessun ruolo. il mio patrimonio archeologico. il museo delle mie pene. si è staccato l'angolo destro del poster del rivoluzionario sul muro di fronte la finestra. lo sento stremato nell'ingenuo tentativo di resistere alla gravità. ci sono forze più prepotenti di te. e anche se non ho più il mio tempo libero e le mie scorte di birra e l'adesivo dei mondiali non vuol dire che tu abbia una buona scusa per tutto. i piani del sabato sera sono per lo più un "ciao come stai?". provo a ricomporre il puzzle con una chitarra. i miei piani per il sabato sera falliscono a causa dei miei piani per il sabato sera. la mia palla da boowling non ha mai fatto strike e per ogni uscita di pista le tue scimmie ammaestrate danzano sul mio ego ferito. io che perdo l'autobus e da te non viene più nessuno. anche se quella gita al lago non l'abbiamo più fatta.
ora che non ho più ultime occasioni da concedermi
mentre tu disegni i contorni dei tuoi incubi in letti umidi
mentre io ancora lotto col tuo pensiero clandestino nel mio corpo
e il trangolo delle bermuda ha perso il suo fascino
e la mia solitudine era indipendenza da te
e ora convivo col suo desiderio freddo chiudo nel barattolo del sale
col silenzio enorme che ha lasciato il tuo passaggio
come il corteo d'un funerale in cui io disteso ad occhi chiusi
non sapevo e non chiedevo dove mi stessero portando
come la bambola dei tuoi giochi violenti
e ancora aspetto che la gamba mi sostenga appena passi il formicolio.

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